Alimentatore stabilizzato

Alimentatore stabilizzato 13.5 V, 20 A

Caratteristiche

Tensione di uscita stabilizzata non regolabile di 13.5 V.
Corrente fornita con continuità di 20 A.
Protezione automatica istantanea dalle sovratensioni per valori >15 V.
Protezione dai corto circuiti e dalle sovracorrenti a fusibile rapido.
Immunità alla radio frequenza.

Funzionamento

Lo schema utilizzato è molto semplice assicurando un funzionamento sicuro e affidabile nel tempo ed una diagnosi veloce di eventuali guasti.
La tensione di rete viene abbassata dal grosso trasformatore al valore di 15 V in alternata, la reperibilità di questo componente non è semplice data la potenza in gioco, personalmente me lo sono fatto avvolgere da una ditta specializzata, tuttavia avrei preferito per questioni di ingombro trovarne uno realizzato su nucleo toroidale. C’è da dire che un tipo da 450 VA può bastare ma poichè, se realizzato nella maniera classica a lamierini, le dimensioni del 500 VA sono le stesse ho preferito abbondare.
L’interruttore di rete bipolare utilizzato deve poter sopportare un corrente max di 5 A ed è più comodo se fornito di spia luminosa interna in modo da segnalare la presenza della tensione di rete.
Il fusibile da 2.3 A ritardato protegge dalle situazioni di guasto più gravi.
Il ponte di diodi rettifica la tensione alternata al suo ingresso, il grosso condensatore elettrolitico C1 rende pressoché continua la tensione raddrizzata e il resistore R1 posto ai suoi capi provvede a scaricarlo velocemente quando l’alimentatore viene spento.
Il fusibile F2 rapido protegge dalle sovracorrenti e viene attivato, come vedremo dopo, anche in caso di sovratensione in uscita.
Giungendo ora al circuito di stabilizzazione, ho utilizzato semplicemente un 7809 che viene portato a 13.5 V sollevandolo da massa tramite lo zener DZ1, le capacità che contornano l’integrato sono classiche del suo schema applicativo. Fino a quando la corrente che scorre nel resistore R2 non determina una caduta di 0.6 – 0.7 V, circa 300 mA, i transistori non entrano in conduzione e lavora il solo 7809. Per intensità maggiori i 4 transistori conducendo portano verso il carico d’uscita la corrente richiesta.
Il parallelo di transistori bipolari non è semplice da gestire, per quanto essi possano essere uguali il loro beta è differente, vi può essere pertanto un transistore che tende a condurre più degli altri, ciò favorisce un suo maggiore riscaldamento e quindi un ulteriore aumento del beta, si innesca in tal modo una reazione a catena che porta a far scorrere la maggior parte della corrente su un solo transistore con spiacevoli conseguenze. Per evitare l’insorgere di questo fenomeno è necessario scegliere transistori dello stesso produttore e magari dello stesso lotto, inoltre la presenza dei resistori R3-R6 in serie al collettore stabilizza il funzionamento pur dissipando una certa potenza.
La presenza di L1, L2 e C6 collegati in prossimità dei morsetti di uscita forma un filtro per l’eventuale RF che potrebbe entrare nel circuito attraverso i fili di alimentazione rendendo instabile il funzionamento dello stabilizzatore. Può essere utile inserire un filtro di rete all’ingresso del trasformatore per proteggersi ulteriormente.
Il circuito di protezione dalle sovratensioni è formato dal diodo soppressore D1 che entra in conduzione se la tensione in uscita supera il valore di 15 V, in questo caso viene attivato l’SCR che mette in corto l’ingresso del circuito, la tensione di uscita diviene pertanto nulla eliminando ogni rischio per le apparecchiature alimentate, la condizione di corto circuito determina poi l’intervento del fusibile F2 che spegne definitivamente il circuito. Poiché il tempo d’intervento di D1 è rapidissimo questo circuito risulta molto efficace, è possibile utilizzare un diodo zener di pari valore invece che l’ 1.5KE15A, ma in tal caso si perde di precisione e soprattutto di velocità.

Schema elettrico

Alimentatore - Schema elettrico
Schema elettrico

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Realizzazione

Alimentatore stabilizzato - Vista
Alimentatore stabilizzato – Vista

La realizzazione non è complessa e quei pochi componenti che formano il circuito stabilizzatore possono essere montati su basetta millefori. Tutti gli altri formano la parte di potenza e vanno fissati opportunamente mantenendo i collegamenti molto corti e realizzando gli stessi con filo elettrico da almeno 6mm2. Il filo a seconda dei casi è direttamente saldato a stagno o fissato mediante capicorda o faston.
La parte più importante riguarda l’impiego di adatti dissipatori di calore per i 4 transistori e per il ponte di diodi. Ho utilizzato, per i primi, 4 alette in alluminio da 2.5 °C/W alle quali sono fissati i transistori spalmati di grasso al silicone per migliorare il contatto termico. Ho preferito utilizzare dissipatori separati invece che uno solo evitando in tal modo l’uso di fogli di mica isolante che avrebbero ridotto la capacità di smaltire calore.
Queste alette sono poi fissate ad un’unica piastra di bachelite sulla quale è realizzato il resto del circuito stabilizzatore. Nel caso si utilizzi un solo dissipatore questo può invece essere fissato direttamente al contenitore, ricordarsi però di isolare i transistori con fogli di mica in quanto il case costituisce il contatto di collettore.
La soluzione adottata consente di far lavorare i transistori ad una temperatura che nel caso peggiore è circa la metà della massima concessa.
I resistori di potenza sviluppano molto calore, se lo spazio lo concede utilizzarne di potenza maggiore e magari muniti di dissipatore, tale soluzione assicura anche una maggiore immunità ai disturbi da RF.
Anche il ponte di diodi deve essere fissato ad un buon dissipatore e quindi alla scatola metallica dell’alimentatore, il calore da esso sviluppato è infatti notevole.
Per favorire lo smaltimento del calore ho poi inserito una ventola a 12 V di 10 cm di lato la cui velocità è controllata da un apposito circuito in base alla temperatura raggiunta dai transistori.
Non è invece necessario alcun dissipatore per l’SCR in quanto lavora per un tempo ridottissimo necessario solo all’intervento del fusibile.
Per quanto riguarda quest’ultimo, ho utilizzato per F2 un fusibile di tipo automobilistico essendo più facile la reperibilità per il valore di corrente necessario.
L1 ed L2 sono realizzati con dei manicotti di ferrite, previsti proprio per il filtraggio di disturbi, all’interno dei quali passa il cavo che porta la tensione ai morsetti di uscita, realizzando un sistema ad impedenza elevata per la RF.
Volendo inserire un amperometro, per sopperire alla caduta di tensione che esso comporta, si deve collegare non in uscita ma prima del circuito stabilizzatore, ovvero dopo l’SCR in serie ad F2.
Alimentatore stabilizzato - Dettaglio
Alimentatore stabilizzato – Dettaglio

Collaudo

Accendere a vuoto l’alimentatore e controllare che tutto funzioni e che la tensione di uscita sia corretta. Se il valore assunto da questa si discosta leggermente da quella desiderata cambiare lo zener DZ1 con uno di pari valore fino a trovare la giusta tensione di uscita, tali componenti si discostano a volte dal valore nominale.
Collegare ora un piccolo carico che assorba qualche ampere e controllare che i 4 transistori di potenza lavorino allo stesso modo misurando la caduta di tensione sui resistori di collettore. Se si dovessero trovare valori molto discordanti ridurre leggermente la resistenza di collettore di quei transistori che tendono a condurre di meno mettendo in parallelo resistori da circa 1 ohm, 0.5 W.
Procurarsi delle lampade alogene 12 V, ad esempio del tipo utilizzato per i fari degli autoveicoli, collegarle un po’ alla volta formando carichi di diversa potenza. Controllare per ognuno di questi la temperatura dei dissipatori, quando questa è divenuta stabile, e accertarsi che i transistori si scaldino nello stesso modo per essere certi che conducano parimenti. A pieno carico non si devono superare sui dissipatori dei transistori e del ponte raddrizzatore i 70 °C.
Per testare la protezione dalle sovratensioni scollegare momentaneamente il condensatore C5, quindi collegare in uscita un carico induttivo, ad esempio un motorino elettrico. L’assenza della capacità provoca uno scompenso nel regolatore e l’immediato intervento della protezione con relativa bruciatura del fusibile F2.

Elenco componenti

R1 = 1 kohm, 0.5 W
R2 = 2.2 ohm, 5 W
R3 = R4 = R5 = R6= 0.1 ohm, 5 W
R7 = 100 ohm, 2 W

C1 = elettrolitico 33000 uF, 35 V
C2 = poliestere 0.1 uF
C3 = C4 = poliestere 0.3 uF
C5 = elettrolitico 100 uF, 25 V
C6 = ceramico 0.1 uF

L1 = L2 = manicotto in ferrite (vedi testo)

F1 = fusibile ritardato 2.3 A
F2 = fusibile rapido 25 A

IC1 = 7809
T1 = T2 = T3 = T4 = 1N5884
SCR = scr 50 A
DZ1 = diodo zener 4.7 V, 0.5 W
D1 = soppressore di sovratensioni unidirezionale 1.5KE15A (vedi testo)
BR = ponte di diodi 35 A

Trasformatore = prim. 230 V, sec. 15 V, 500 VA


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